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Incontri e interviste
16 septembre 2010

La Cina e la ricerca del primato

L’economia cinese sta registrando un primato dietro l’altro. Questo paese è diventato il primo esportatore al mondo e ha superato gli Stati Uniti nel consumo di energia. La sua produzione industriale è stata maggiore nel secondo quadrimestre del 2010 di quella del Giappone. Anche la Svizzera sta perdendo terreno. E’ vero che la domanda di beni di lusso è in crescita in Asia, ma è anche vero che un’azienda cinese ha investito nel settore dell’orologeria della Confederazione. Il perno del commercio internazionale si sta spostando rapidamente nel Sud -Est asiatico. Si è passati dal Mediterraneo all’Atlantico e, nel giro di pochi decenni, il flusso maggiore di traffici parte ora dall’Asia. Ciò che sorprende è la rapidità di quest’ultimo spostamento.

La Cina è il paese più popoloso del pianeta e la sua ascesa non sembra arrestarsi. Ha intrapreso da anni una via di sviluppo continuo e inarrestabile aprendo la propria economia al mercato ma mantenendo un sistema politico dittatoriale. Quali i limiti di questo sviluppo economico e quali i rischi? Il sistema bancario cinese risente delle forti influenze del governo e spesso non garantisce quell’obiettività e quella trasparenza necessaria per l’allocazione del credito. I criteri di redditività e di solidità dei bilanci non sono sempre tenuti in considerazione per lasciare posto a considerazioni di carattere politico. La crescita della produzione manifatturiera non tiene in scarso conto i vincoli ambientali imposti alle industrie di altri paesi. L’uso del carbone è ancora radicato, essendo questa risorsa abbondante in Cina. Secondo quanto riportato dal World Fact Book, pubblicazione annuale della CIA sullo stato del mondo, nel 2009 la Cina ha annunciato che entro il 2020 ridurrà l’intensità di uso del carbone del 40% rispetto ai livelli del 2005. Il mix di fonti energetiche si arricchisce quindi di centrali nucleari e idroelettriche. Formidabile la diga delle tre gole, opera faraonica conclusa l’anno scorso e capace di soddisfare ogni anno il 3% del fabbisogno energetico cinese(l’equivalente di 140 milioni di barili).

La crescita economica a ogni costo incide sulla qualità di vita e sinora questo è accettato. Le condizioni di lavoro sono molto dure e in un paese che vanta una tradizione comunista ormai unica al mondo pare un controsenso. L’aumento di ricchezza dell’intera economia cinese nasconde in realtà dei profondi squilibri tra la costa e l’interno, tra le città e le campagne. Le ambizioni di potenza di questo paese sono poi da ridimensionare per il momento dato che la Cina, pur essendo una potenza nucleare, non ha ancora raggiunto il rango di superpotenza per molte ragioni. La capacità di proiezione del proprio potere militare è molto limitata se paragonata a quella degli Stati Uniti. Le basi militari cinesi all’estero sono pressoché inesistenti.

L’attenzione è rivolta più al commercio che non alla sicurezza. La proiezione verso l’estero è funzionale al commercio. La presenza di investimenti cinesi in Africa e il suo interesse per le risorse del continente rispecchia questa premessa. L’obiettivo è la crescita del PIL e una diretta conseguenza di questa ricchezza è la potenza militare. Ciò è condiviso in Cina e si vede dal successo editoriale che vi ha avuto il saggio Ascesa e declino delle grandi potenze di Paul Kennedy, tanto da farne una serie televisiva di documentari per la televisione cinese. La tesi di Kennedy è che c’è una relazione diretta tra ricchezza e primato tecnologico di uno Stato e il suo peso militare in ambito internazionale. Nel momento in cui questa ricchezza ha cominciato a diminuire anche il peso politico-militare è scemato. Per ora la Cina non riesce a imporre i suoi standard tecnologici e la battaglia con gli Stati Uniti si gioca anche su questo versante. Il problema della contraffazione resta grave ed è indice di una scarsa propensione alla ricerca e all’innovazione. L’operosità cinese si scontra quindi con i limiti di un’innovazione di prodotto che attinge completamente altrove e alla lunga crea danni a tutti: contraffatti e contraffattori. Nella contraffazione non c’è più incentivo a innovare. La manifattura del mondo per ora produce beni di scarsa qualità ad un costo molto basso per via di un mercato del lavoro sfruttato a livelli impensabili in Occidente. Allo stesso tempo uno degli obiettivi di lungo termine del governo cinese è di avere una solida domanda interna in modo da assorbire di più la propria produzione di beni ed essere meno dipendente dall’andamento delle esportazioni. Ciò si otterrà migliorando le condizioni salariali e con la creazione di sistema di ammortizzatori sociali più diffuso. Un altro freno allo sviluppo economico può arrivare dalle tensioni regionali. Vi sono dei contenziosi territoriali aperti con il Giappone sulla sovranità di alcune isole e le ambizioni nucleari della Corea del Nord restano una minaccia per la sicurezza regionale e non solo.

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